Le maschere apotropaiche, dalle antiche origini ai giorni nostri...
Le maschere apotropaiche, gorgoni e medusa, erano di terracotta, dalle fattezze spaventose e proteggevano gli usci dagli spiriti maligni e dalle negatività.
Articolo a cura di Andrea Contorni
L'aggettivo apotropaico deriva dal greco "αποτρέπειν", "apotrépein" = "allontanare" e si riferisce a simboli, riti e oggetti che avrebbero il potere e la facoltà di tenere a distanza, respingere e appunto allontanare gli influssi e gli spiriti maligni.
La tradizione di utilizzare a scopo protettivo e scaramantico, rappresentazioni artistiche di vario genere, (mostri, creature leggendarie, Déi etc etc), è antichissima e risale alle prime Grandi Civiltà del mondo. Ad esempio, nell'area mesopotamica, presso i sumeri prima, gli assiri e i babilonesi poi, dal III millennio a.C. al VII secolo a.C., ritroviamo il lamassu, una divinità considerata una sorta di spirito benefico e protettivo. Raffigurati come mostri alati dal corpo di toro o leone e dalla testa di uomo, i lamassu venivano posti all'ingresso delle città e dei palazzi, spesso in coppia. Il volto di solito riprendeva le fattezze del sovrano regnante e simboleggiava la saggezza dell'uomo combinata alla forza dell'animale, (il corpo di leone o di toro). Le ali rappresentavano invece gli aspetti celestiali. Altra creatura leggendaria alla quale, nell'antichità, si attribuivano facoltà apotropaiche era il grifone. Nella sala del trono di Cnosso, a Creta, massima espressione della Civiltà Minoica (2000-1450 a.C.), sono presenti numerosi affreschi di grifoni dal corpo di leone e dalla testa d'aquila. La loro funzione era quella di proteggere il re sul trono e tenere il male lontano dal luogo. La Civiltà Micenea dominò su buona parte della Grecia tra il 2000 e il 1200 a.C. Il suo centro principale era Micene in Argolide, talmente importante da dare il nome alla civiltà stessa. Alla rocca di Micene si accedeva attraverso la famosa Porta dei Leoni, ancora oggi visibile. Il massiccio architrave è sormontato da una grande lastra triangolare con due leonesse ai lati di una colonna. La simbologia di questa rappresentazione è molto importante. La colonna rimanda al potere regale e le fiere sono poste a protezione di questo potere. Le loro teste, non più presenti, erano rivolte verso l'esterno con lo scopo apotropaico di spaventare gli spiriti maligni impedendo loro di penetrare in città.
Venendo alle maschere apotropaiche possiamo affermare che l’usanza di porre a protezione degli usci, delle terrecotte dalle fattezze spaventose si ricollega a quanto spiegato poc’anzi. Infatti sia gli Etruschi che i Greci e di seguito i Romani erano soliti adornare le antefisse dei templi, gli architravi di porte e finestre, le chiavi di volta degli archi e gli ingressi delle tombe con caratteristici mascheroni, una sorta di potenti guardiani in grado di creare una barriera contro eventuali forze ostili. Ci troviamo nel campo del simbolismo e dell’esoterismo perché la funzione protettiva di tali manufatti si riferisce unicamente a quelle che possiamo definire "energie negative" o spiriti inquieti o maligni. L’iconografia di questi manufatti è molto varia e interessante. Tra i soggetti più comuni utilizzati nel mondo greco, magnogreco, romano e ancora oggi, ritroviamo le tre Gorgoni, varie rappresentazioni antropomorfiche tra cui creature dei boschi quali Fauni, Satiri e Sileni, immagini di divinità maschili come Bacco/Dionisio, Poseidone/Nettuno o Eolo, o femminili come Dee dall’espressione molto seria. Completano il quadro le maschere tipiche del teatro greco e raffigurazioni di veri e propri mostri spesso cornuti, con la bocca aperta e la lingua di fuori. Il comune denominatore è quello di combattere le entità malevole spaventandole con le proprie mostruose fattezze, persino bizzarre con nasi storti, occhi sporgenti e orecchie sproporzionate, oppure provocandole mostrando la lingua penzoloni o vantando espressioni di sfida e derisione.
Le Gorgoni erano mostri della mitologia greca, figlie della divinità primordiale Forco e del mostro marino Ceto. Erano tre sorelle, Steno, Euriale e Medusa, tutte di aspetto mostruoso e con serpenti al posto dei capelli. Rappresentavano la perversione nelle sue tre forme, rispettivamente sessuale, morale e intellettuale. La gorgone per antonomasia era Medusa, unica gorgone mortale e custode degli Inferi per volere di Persefone. Chiunque aveva la sfortuna di osservarla direttamente, si trasformava in pietra. Fu uccisa e decapitata dall’eroe Perseo e la dea Atena ne fissò la testa al centro del suo scudo per terrorizzare i nemici. Medusa è uno dei soggetti più utilizzati nella creazione di maschere apotropaiche proprio per il suo aspetto spaventoso e per la facoltà del personaggio mitologico di pietrificare coloro che ne incrociavano lo sguardo. Fauni, Satiri e Sileni di natura caprina ed equina, dotati di orecchie a punta, zoccoli al posto dei piedi, coda e piccole corna personificavano la fertilità spontanea della natura selvaggia. Nelle maschere apotropaiche sono rappresentati nell’atto di ghignare beffardi, impavidi dinanzi al pericolo.
Le maschere apotropaiche sono manufatti di origine antichissima in uso presso gli Etruschi, i Greci e i Romani con funzione protettiva contro influssi negativi e spiriti maligni...
Eolo era il Dio dei venti, figlio mortale di Poseidone e della splendida Melanippe, sedotta e poi abbandonata dal dio. Fu accolto nell’Olimpo da Zeus che gli affidò il dominio dei venti. Poseidone arrogava a sé questa facoltà e per tale motivo mal sopportava la considerazione di Zeus nei confronti del figlio non riconosciuto. Nelle maschere, sia Poseidone che Eolo, nelle due versioni giovane e anziano, sono raffigurati nell’atto di soffiare o gridare, assumendo un significato profondamente simbolico e scaramantico. Culminando in loro la forza indomabile dei venti, le due divinità avrebbero il potere di far volare via gli influssi maligni, tenendoli lontani dagli usci delle abitazioni. Divinità quali Bacco o Dee o figure femminili dalle capigliature adornate di frutti o simboli di prosperità avrebbero un ruolo più propiziatorio e portatore di fortuna. Riguardo le maschere cornute, la loro iconografia appartiene a tempi più moderni in quanto dovrebbero raffigurare il diavolo, riconducibile alla religione cristiana.
La tradizione di utilizzare le maschere apotropaiche contro la malasorte ha viaggiato nei millenni, dimostrandosi uno dei retaggi pagani che sopravvivono ancora oggi. Nel Medioevo, molti borghi si dotarono di enormi mascheroni che caratterizzavano il vertice dell’arco di entrata in città. Percorrendo le vie interne ci si poteva imbattere con estrema facilità in “testine” apotropaiche poste nei pressi di portoni e finestre, molte visibili ancora oggi. Da nord a sud, queste figure grottesche sono presenti ovunque, basta farci caso e saperne apprezzare ancora oggi le splendide manifatture artistiche. La penisola italica, simbiosi storico-culturale di tre antiche Civiltà quali quella greca, quella etrusca e quella romana, è la patria assoluta delle maschere apotropaiche. In Calabria questa tradizione è ancora piuttosto forte. Alle maschere di matrice classica si affianca infatti il Nasocchio, una particolare creazione artigianale che è un vero e proprio vanto per la regione.
Il Nasocchio, realizzato tutto in terracotta, con i suoi occhi espressivi e il naso lungo e storto, viene utilizzato come elemento scaramantico e propiziatorio all’interno delle abitazioni. Fino al primo decennio del ‘900, era usanza tra i calabresi porre vicino a porte e finestre raffigurazioni di leoni e conchiglie, simboli di ospitalità e accoglienza. Molto apprezzate a livello internazionale e ricercate sono inoltre le ceramiche di Seminara, comune in provincia di Reggio Calabria, capaci di affascinare persino Pablo Picasso. Le maschere apotropaiche lavorate dagli esperti ceramisti di Seminara, risaltano per le splendide decorazioni e per lo stile, commistione dell’antica cultura greca e di quella bizantina. Anche in Puglia, la tradizione delle maschere apotropaiche è sempre stata molto forte tanto che si raccomandava di non fare entrare in casa chi avesse mostrato fastidio alla vista di una maschera sull’uscio. Il fenomeno di questi sorprendenti oggetti è visibile ovunque, da Trento alla Sicilia, con fattezze e lavorazioni splendide e sempre diverse. Negli anni, forse in pochi ancora credono nella funzione apotropaica delle maschere. Esse sono apprezzate maggiormente per il loro valore artistico, frutto dell’amore e della meticolosità di tanti bravi artigiani. Ma in ogni singolo manufatto sopravvive un grande patrimonio spirituale, eredità di quegli antichi popoli che credevano nel potere positivo delle maschere.
Bibliografia e sitografia
- "La religione romana arcaica. Miti, leggende, realtà della vita religiosa romana", Georges Dumézil. BUR.
- "Simbologia delle maschere apotropaiche", il Blog di Oroboro.
- Fotografie e immagini pubblicate con licenza di utilizzo Canva regolarmente acquistata.
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