Marco Ulpio Traiano, dalla Spagna, l'imperatore che portò Roma al suo massimo splendore...
Con Traiano, Optimus Princeps, probabilmente il migliore degli imperatori romani, Roma raggiunse la sua massima espansione territoriale. Fu l'inizio dell'Età Aurea che continuò con gli Antonini.
Articolo a cura di Andrea Contorni
Marco Ulpio Nerva Traiano fu definito dai contemporanei l'Optimus Princeps, passando alla Storia come uno dei più capaci imperatori romani, al pari di Ottaviano Augusto. Fu il Senato a conferirgli nel 100 d.C. l'appellativo di Optimus, un titolo onorifico che era riservato a personaggi eccelsi: un esempio per tutti era Giove Ottimo Massimo (Iuppiter Optimus Maximus), il nume tutelare di Roma stessa. In seguito alla morte di Traiano, il Senato prese l'abitudine di salutare i nuovi imperatori con l'espressione "Felicior Augusto, melior Traiano" che era un augurio a essere più fortunato di Augusto e migliore di Traiano. Egli inaugurò la tendenza a scegliere nella successione imperiale, colui che si presentava appunto come il migliore, il più idoneo a governare, indipendentemente dalla discendenza dinastica. In realtà fu il suo predecessore, Marco Cocceio Nerva ad adottare per primo un valente candidato tra la classe senatoriale, a cui lasciare l'impero. E lo aveva fatto scegliendo proprio Traiano. Ma vale la pena ricordare che Nerva fu "invitato e costretto" a questo passo in quanto oltre a essere molto avanti con l'età e malato, non aveva figli. Inoltre l'anziano imperatore, consigliato dal potente senatore Lucio Licinio Sura, sperava in tal modo di evitare una sanguinosa guerra civile. Il principato "adottivo" avrebbe così evitato in futuro l'ascesa al soglio imperiale di personaggi biechi che, sfruttando la linea dinastica, potevano ritrovarsi dall'oggi al domani, padroni di Roma senza alcun merito e con esiti disastrosi.
Erano bastati gli esempi passati di Caligola e Nerone e quello più recente di Domiziano, ucciso a tradimento nel 96 e investito dal Senato della damnatio memoriae. Traiano a sua volta adottò consapevolmente Publio Elio Adriano il quale contro la volonta dei suoi consiglieri scelse Lucio Elio Cesare per la successione. Destino volle che nel 138, Lucio Elio, personaggio molto stravagante ma dalla salute cagionevole, morisse proprio la notte prima di pronunciare il suo discorso dinanzi al Senato. Il nuovo "adottato" fu il saggio Aurelio Antonino Pio che lasciò l'impero a Lucio Vero (figlio di Lucio Elio e morto prematuramente come il padre) e a Marco Aurelio, noto come l'imperatore filosofo. Questo ultimo ebbe la responsabiltà di terminare la buona pratica del "principato adottivo". Lo fece nella peggiore maniera possibile, lasciando Roma nelle mani del figlio Commodo, un tipo che nell'arena si credeva l'incarnazione di Ercole, crudele, ribelle e del tutto inadatto al governo dell'Urbe. Con l'imperatore-gladiatore fu l'epilogo dell'Età Aurea dell'impero romano, quasi un secolo di grande equilibrio sociale e politico e di prosperità iniziato proprio con Traiano.
Nerva adottò Marco Ulpio Traiano nel 97. Traiano era nato in Spagna. Suo padre, di origine italica, era stato un importante senatore, elevato al rango di patrizio, legato della Legio X Fretensis e proconsole nella Betica. Traiano ebbe accesso al Senato romano da provinciale e di fatto fu il primo imperatore romano a provenire dalla provincia. Al momento dell'adozione da parte di Nerva, era governatore della Germania Superiore o forse della Pannonia. Poteva vantare un cursus honorum di tutto rispetto, essendo stato impiegato come tribuno per una decina d'anni sul confine renano, poi in Siria. Tornato a Roma era stato pretore, accedendo al consolato e appunto al rango senatorio. La sua adozione fu accettata da tutti persino da Marco Cornelio Nigrino, governatore della Siria a capo di diverse legioni a lui fedeli. Nigrino, pluridecorato legato imperiale, si era candidato "ufficialmente" a succedere a Nerva. Ma, una volta scavalcato da Traiano, scomparve dalla Storia, abbandonando il proprio governatorato in fretta e furia forse per timore di subire qualche vendetta, Il Senato lodava l'affidabilità di Traiano. Le legioni lo acclamavano per il coraggio e il talento militare. Le fonti storiografiche riguardo il principato di Traiano non sono numerose come per i suoi predecessori. Siamo in possesso dei frammenti del libro 68 di Cassio Dione in un compendio bizantino del IV secolo. Abbiamo il Panegirico, pronunciato da Plinio il Giovane in Senato quando divenne console nel 100. È un'orazione di ringraziamento che contiene un elogio all'imperatore. Plinio divenne in seguito governatore della Bitinia, tenendo un serrato Epistolario con Traiano, circa 122 lettere pervenutaci.
Marco Ulpio Traiano, originario della penisola iberica, fu il primo imperatore romano a provenire dalla provincia...
La situazione politica dell'impero aveva risentito del regime assolutistico di Domiziano, eliminato in seguito a una congiura di palazzo nel 96. Inviso al Senato, l'autocrate, pur avendo conseguito il bene dell'impero in alcuni settori, si era fatto promotore di un regime del terrore che aveva portato l'Urbe sull'orlo di una guerra civile. Eliminato l'empio Domiziano, distrutte le statue e cancellato il suo nome dalle iscrizioni, il Senato si affidò a un vecchio amico di Vespasiano. L'anziano Nerva, rispettabile senatore di lungo corso, persona mite e accorta, era stato chiamato a restaurare un clima di armonia tra le varie istituzioni dello Stato. In due anni di governo gettò le basi di quello che possiamo definire il periodo aureo dell'impero romano. Traiano continuò l'opera del padre adottivo. Conseguì un principato della concordia, rispettoso dell'autorità del Senato e delle esigenze del ceto equestre e del popolo. Si pose dinanzi all'opinione pubblica come un primus inter pares riprendendo la politica vincente che fu di Augusto. Eppure sia sotto Nerva che sotto Traiano possono identificarsi alcuni sintomi iniziali (e appena accennati) di quella crisi economico-sociale che divenne sempre più pressante da Marco Aurelio in poi. La piccola proprietà terriera ad esempio già versava in uno stato di profonda difficoltà. I latifundia gestiti dai ricchi possidenti tendevano a fagocitare il podere individuale, strozzato dai debiti. Le distribuzioni di ager publicus ai più poveri o ai veterani, nulla potevano se l'attività agricola non fosse stata pesantemente incentivata. Il problema era presente fin dal termine della Seconda Guerra Punica (202 a.C.) ma la classe politica, in secoli di Storia, tra mille polemiche, scontri e guerre civili, non era riuscita a porvi rimedio definitivo.
Prima Nerva, poi Traiano promossero una campagna di prestiti statali agli agricoltori in cambio di ipoteche sui loro terreni. Incentivarono tale immissione di denaro, prelevando fondi dai loro patrimoni personali. Gli interessi su tali ipoteche, versati ad appositi funzionari, andavano a finanziare le "istituzioni alimentari", ovvero un sostentamento economico e in cibo ai bambini italici bisognosi, soprattutto nelle impoverite zone rurali. In tal modo si sopperiva anche al calo demografico di cui la penisola era vittima. Abbiamo due testimonianze in merito a queste distribuzioni che rappresentarono un provvedimento di politica sociale senza precedenti. La Tavola di Veleia (tabula alimentaria traianea) è una iscrizione bronzea rinvenuta nei pressi di Veleia (Lugagnano - Piacenza). Si tratta della più grande iscrizione di epoca romana, misurando 138 per 286 cm. Descrive le modalità del prestito imperiale finalizzato appunto ai sussidi alimentari distribuiti agli abitanti della cittadina in questione. L'Arco di Traiano di Benevento riporta invece un bassorilievo raffigurante la fila dei bisognosi dinanzi al funzionario addetto ai sussidi. Traiano dette il via anche a una serie di grandi opere pubbliche favorendo l'occupazione del proletariato urbano. Ricordo tra le tante realizzazioni, il grande Porto di Traiano nella località di Portus (attuale Fiumicino nel Lazio), la costruzione di un nuovo acquedotto per il rifornimento idrico dell'Urbe, l'ampliamento della Cloaca Massima non tralasciando il provvedimento riguardante strade e stazioni di posta che passavano sotto la diretta gestione imperiale.
Tutte queste iniziative comportarono un ingente esborso di denaro da parte delle casse statali. Forse in questa ottica si può intendere la politica estera romana dal 101 al 117, conseguita da Traiano nel segno dell'espansionismo militare. La Dacia , ricca di miniere d'oro, fu ridotta in provincia al termine di una ferrea campagna militare contro Decebalo, un sovrano che aveva causato non pochi problemi lungo il limes danubiano. Di questa guerra, abbiamo una splendida testimonianza nei bassorilievi della Colonna Traiana in Roma. Vennero conquistate anche le regioni arabiche e la Nabatea con la città di Petra, importanti scali commerciali proiettati verso l'Oriente. E venendo proprio all'Oriente, Traiano si spinse oltre l'Armenia, in Assiria, in Mesopotamia e fino alla capitale dell'impero partico, Ctesifonte, battendo a più riprese il re dei re Osroe I, vendicando i rovesci subiti da Crasso e da Marco Antonio. Solamente la malattia, (infezione o edema polmonare), che lo portò a morire nel 117 e le tante rivolte scoppiate in territori troppo vasti da controllare, impedirono a Traiano di coronare il sogno che fu di Alessandro Magno, creare un impero che da Occidente si spingesse fino ai limiti estremi del mondo conosciuto.
Bibliografia e note:
- "Fonti per la Storia Romana", Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. Le Monnier Università.
- "Storia Romana", Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. Le Monnier Università.
- "La Grande Storia. Roma domina il mondo". National Geographic.
- "Storia di Roma", Indro Montanelli. Edizioni Bur-Rizzoli.
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